A Seid Visin
Non ci si può togliere la vita a 20 anni. No.
Non lo conoscevo prima di adesso Seid Visin ma non riesco a togliermi dalla testa le sue parole:
“Sono stato adottato quando ero piccolo. Prima di questo grande flusso migratorio ricordo con un po’ di arroganza che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, ovunque mi trovassi, tutti si rivolgevano a me con grande gioia, rispetto e curiosità. (…) Adesso, ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone.”
“Il gesto estremo di Seid non deriva da episodi di razzismo”, hanno detto i genitori, ai microfoni dell’emittente Telenuova, specificando che il testo che sta circolando è tratto da un post Facebook del 2019. (Da Avvenire)
Sanno solamente loro cosa ci fosse nel cuore e nell’anima del loro ragazzo ma mi è sembrato che improvvisamente la voce di Seid Visin si sia alzata per dare la voce a migliaia di ragazzi come lui.
E a 20 anni non ci si può sentire così.
Non ci si può sentire non amati, odiati, non accolti, solo perché la pelle è di un altro colore.
Mi hanno terribilmente turbata quelle parole, il loro peso, il ritratto di una società che non è più capace di essere curiosa, di essere gioiosa, di essere coinvolta nell’altro.
“Cosa abbiamo fatto?” Ho pensato…
Anche se non è il razzismo il motivo del gesto estremo di questo giovane ragazzo, ho pensato a quanto dolore e sofferenza abbia comunque provato nella vita.
E l’ho immaginato con il volto sudato a correre dietro un pallone nel fango per dimostrare quanto valesse come campione e con il volto sudato a correre nella vita per dimostrare a noi, che anche lui è un uomo.
Non è lontano da noi quella il problema del razzismo, non è un articolo di giornale o una questione degli altri.
Non è un fattore lontano da noi l’integrazione o l’immigrazione.
Siamo coinvolti, sempre in quanto uomini.
Responsabili, in quanto cristiani.
Perché non esiste Dio senza il suo uomo, che a sua immagine crea.
Nei nostri fratelli, di qualunque razza, di qualunque religione, di qualunque parte del mondo, c’è Cristo.
Perché «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Ripartiamo dall’amore, rieduchiamo all’altro, all’accoglienza, alla curiosità.
Ritorniamo esseri umani gioiosi, ponti di pace, fratelli di luce.
Ché nessun essere umano mai possa sentirsi non amato, non accolto, vittima dei pregiudizi, sconvolto dalla paura.
Ché nessun ragazzo di 20 anni scriva mai più queste parole.
In questo triste episodio auguro a noi, che sconvolti dai tuoi ricci in campo, Seid, possiamo ancora vedere l’altro come un’opportunità con gioia, amore e curiosità.
Perché, se è vero – come credo – che siamo immagine tutti di Dio, tu fratello hai il volto mio.
Sii felice!
– Alumera
Un commento
Dolcezze
Questa dolorosa storia ci interroga sulla nostra capacità di mostrare accoglienza e amore. Che ci aiuti a capire cosa fare e come essere.